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Intervista a Cecilia Formicola – Fumettista che si interessa alla questione Femminista e non solo

Girovagando su Instagram mi sono imbattuto in storie interessanti riguardo il femminismo e il mondo del fumetto. Mondo su cui so ben poco (leggevo Topolino (e dintorni, tipo PKNA), qualche Bonelli, soprattutto Dylan Dog, pochissimi manga e in maniera discontinua, ho letto praticamente tutti gli Asterix, dei Lucky Luke e direi basta.), ma espandere i propri orizzonti è sempre sano.

Cerchiamo di conoscere meglio Cecilia Formicola. Mi sono imbattuto nella sua pagina poiché le sue storie erano ripubblicate da Sarai_SangueDiDrago ed ho pensato che valesse la pena inserire un punto di vista diverso dal mio che parlo principalmente come giocatore di GdR. Le mie domande saranno in grassetto per nutrire il mio ego.

Vuoi dirci di cosa si occupa di preciso la tua pagina?
-Io sono una fumettista, quindi la mia pagina instagram è di fatti il mio profilo personale e lo utilizzo per promuovere e condividere il mio lavoro. Di recente ho cominciato a espormi sui problemi sistemici nel mondofumetto e nerd in generale.

Come ti sei interessatə e avvicinatə al cosiddetto mondo nerd?
-Tramite Topolino e i libri fantasy! Da piccola leggevo praticamente tutto il giorno e trovavo in quelle storie il mio scopo. In seguito il mondo nerd mi fatto sentire a casa e mi ha permesso di trovare lavoro e affetti fondamentali.

Siamo in tanti ad aver cominciato a leggere i fumetti con Topolino!

Quale parte ti interessa maggiormente? Videogiochi, fumetti, GdR, GdT…    
-Assolutamente fumetto. Lo trovo un medium estremamente adatto a me; ma mi piacciono tantissimo anche i videogiochi e i giochi da tavolo, anche se sono una giocatrice molto scarsa.

Beh, per quanto a volte i “gatekeeper” vogliano far credere il contrario, non si gioca necessariamente per dimostrare la propria bravura.

Se tu potessi scegliere un superpotere o un incantesimo di un GdR, quale sceglieresti?
-Da un lato la pozione dell’invisibilità, mi farebbe sentire molto più a mio agio in tantissime situazioni diverse; dall’altro penso farei buon uso di una palla di fuoco.

Credo sia illegale, attenzione! 😛 

Domanda “vuoi più bene a mamma o papà”: gioco da tavola, gioco di ruolo, videogioco, fumetto e romanzo fantasy preferito. 
-Veramente difficile scegliere! Gioco da tavola Azul; videogioco Kingdom Hearts 2; romanzo fantasy dico Gens Arcana; fumetti troppi (l’ultimo che ho adorato Il principe e la sarta), mentre coi giochi di ruolo ho avuto pochissima esperienza se non un regolamento adattato da Pathfinder.

**Annuisce con convinzione, fingendo di sapere benissimo di cosa si sta parlando.**

Rispetto a quando ti sei avvicinatə al mondo nerd, come è cambiato lui e come sei cambiatə tu? 
-Sento il mondo nerd molto più respingente; ma questo anche perché io sono molto cambiata. Quando mi ci sono avvicinata non avevo consapevolezza di quasi niente dei problemi sistemici della società; e se prima il mondo nerd mi aveva dato rifugio ha iniziato a masticarmi perché sottostessi alle sue regole. Al momento mi sento ai suoi margini, perché una volta aperti gli occhi su determinate dinamiche non riesco più a chiuderli e cerco compromessi per avere il mio spazio.

Una curiosità su di te che hai voglia di raccontare?

Grazie all’attivismo online, ho capito di essere una persona neurodivergente e queer.

Ok, iniziamo a entrare un po’ nel vivo.

Il livello di discriminazione nel mondo nerd è peggiore o migliore di quello esterno?
Quali sono le categorie che rispetto al mondo esterno se la passano meglio e quali peggio?
-Io considero il mondo nerd come un microclima: è una riproposizione in scala della società esterna, tarata su un altro habitat. Penso che la discriminazione sia maggiore perché il mondo nerd è sempre stato un rifugio per le persone emarginate e con interessi fuori norma; quelle stesse persone, perennemente infantilizzate e bullizzate, hanno voluto sentirsi potenti mettendosi al primo posto nella gerarchia nerd. Adesso ci sono moltissimi uomini cisetero e bianchi nerd che hanno fama, notorietà e seguito; le donne sono molte di meno, e ancora meno sono quelle che non seguono regole predefinite. Altre persone marginalizzate come le persone transgender, o razzializzate o disabili trovano praticamente zero spazio. I nerd sono stati rigettati dal mondo esterno, e questo li rende particolarmente feroci nella bolla per difendere quello che considerano uno spazio sicuro che appartiene a loro soltanto.

Come mai sulla pagina hai iniziato ad occuparti di integrazione?
-Durante la pandemia mi sono avvicinata all’attivismo online e mi ha letteralmente cambiato la vita. Allo stesso tempo mi sono resa conto di quanto marcio esistesse intorno a me che neanche vedevo; e soprattutto dentro di me. La conoscenza ha significato una dolorosa rinascita, e mi sento di voler restituire in qualche modo questa libertà. Non sono una persona che potrebbe fare militanza fisica, ma sono un’autrice, e in quanto tale voglio utilizzare le mie storie per avere un impatto sul mondo quanto più positivo possibile, non importa quante persone raggiunga. Credo fermamente nel potere del dialogo come fautore di cambiamento e sento che al momento ho la forza e la spinta per stimolarlo.

Quali sono le iniziative o i progetti che hai avviato o a cui hai partecipato per promuovere l’integrazione e la diversità nel cosiddetto mondo nerd?
-Al momento sto lavorando con varie professionalità per approfondire l’impatto dei fumetti pedopornografici; per il resto, cerco di prendere contatti con altre persone marginalizzate all’interno della bolla e studio per migliorarmi, come artista e come persona.

Com’è la reazione del pubblico quando si trattano temi del genere?
Secondo te perché?

-Secondo me il mondo nerd è stato originariamente pensato per gli uomini: ragazzi intelligenti, appassionati di giochi, letture, fantasy e scienza che venivano bullizzati dai “veri uomini” del mondo esterno e considerati sfigati. Quei ragazzi hanno creato uno spazio tutto loro in cui condividere le proprie passioni, sentirsi accettati e stringere legami; ma invece di creare nuove regole hanno riproposto quelle esterne, per sentirsi anche loro ammirati, affascinanti, potenti. Lo spazio sicuro nerd viene percepito come risicato e costruito in funzione di quei bimbi sperduti; se sei una ragazza risputata fuori dal mondo esterno, o una persona queer o razzializzata o disabile, e vuoi entrare in quello spazio, ai maschi nerd sembra che tu stia occupando uno spazio non tuo, che tu sia giuntə a rompere le uova nel paniere, ad avvelenare il divertimento chiedendo di avere voce, spazio e dignità. Una delle reazioni più frequenti è “non si mischia il mondo nerd con la politica”, quando di fatto tutto è politico.

Di solito “non voglio sentir parlare di politica” significa “non voglio sentire discorsi politici che non mi piacciono”.
-È sicuramente vero. Un’altra interpretazione che do io è che il mondo nerd è una via di fuga, quindi quando usufruisco delle mie opere di intrattenimento non voglio scocciature, voglio rilassarmi, è solo intrattenimento, non devo pensare. Già nella giornata lavoro/studio/sono stancə per tanti pensieri, mi devo appesantire pure quando gioco e leggo? Che poi non dico non sia comprensibile, tutt’altro; il lavorismo e il capitalismo risucchiano la linfa vitale. Ma ci sono persone, come quelle marginalizzate, che non possono permettersi di staccare la mente neanche quando giocano o leggono, se le opere di intrattenimento hanno contenuti stereotipati, misogini, razzisti, queerfobici eccetera. Oppure se in quell’opera non c’è nessun personaggio che sia come me, in cui mi rivedo in nessun modo, in cui ancora una volta sono invisibile (e ci si può immedesimare in ogni tipo di personaggio, io posso essere sia Joel che Ellie, sia Jon Snow che Cersei Lannister; ma se continuamente non mi vedo rappresentatə o rappresentatə bene in tante opere risulto invisibile).

Ho seguito le storie che hai pubblicato riguardo fumettisti, per lo più francesi, che pubblicano opere intrise di pedopornografia. Domanda scomoda: secondo te come ci si può approcciare a questioni del genere? 
Nel senso, dove finisce la libertà di espressione e dove inizia la ragionevole tutela della sessualità dei minori? E soprattutto, chi e come lo si stabilisce?

-Ecco, questo è il tipo di domande scomode che è fondamentale fare! Io certo non ho una risposta universale ma posso dare una mia opinione basandomi anche sul materiale su cui sto lavorando insieme a sessuologhe e a survivor (si intende con survivor una persona sopravvissuta ad abusi che rifiuta di essere vista unicamente come vittima e che vuole riappropriarsi della propria voce). Secondo me ci sono tre motivi per cui si potrebbero fare fumetti pedopornografici: per esplorare il proprio inconscio liberamente, per condannare questi abusi o, consciamente o inconsciamente che sia, contribuire a normalizzarli come se fossero una fantasia come un’altra. Io credo che la chiave stia tutta nel modo in cui si fa comunicazione, in cui si costruisce la storia e che messaggi si inviano: quindi già di per sè parlare di fumetti pedopornografici significa fare una violenza, perché significa costruire storie che hanno come scopo eccitare chi legge (definizione di pornografia); e poiché nella pedofilia non è possibile mai avere consenso, significa raccontare storie di abusi infantili che eccitino unə lettorə. Detto questo, io credo anche che la cultura sia un dialogo, che sia possibile trovare un modo per esplorarsi in libertà senza ferire persone che subiscono o hanno subito questo tipo di violenze. Sta tutto nell’intenzione: se io autorə di fumetti pedopornografici mi esploro perché mi voglio liberare, ma non me ne frega del messaggio che sto mandando, significa essere egoistə e violentə. Se invece mi esploro perché credo, per esempio, che sia importante eliminare gli abusi infantili alla radice, darò questo taglio alla mia storia (perché provo desiderio per queste cose?, per esempio). Altrimenti contribuiamo a normalizzare questo tipo di immagini come se fossero una fantasia come un’altra, una trollata irrealistica, come sono state definite, calpestando di fatto le persone survivor, i loro vissuti e le loro voci, e non dando credito a una realtà che è tristemente e colpevolmente molto più diffusa di quello che immaginiamo. In generale le persone che possono essere colpite con maggiore violenza da questo tipo di fumetti sono le vittime di pedofilia, ed è sacrosanto ascoltare il parere di psicologə e survivor, se vogliamo parlare di argomenti anche così stigmatizzati come la pedofilia (alle survivor non viene data parola, se penso di essere unə pedofilə non so come chiedere aiuto) in un modo che accresca la consapevolezza e non contribuisca alla spirale di violenza propria delle nostre dinamiche sociali.  

Approccio non semplice. Com’è giusto che sia.

Come hai visto l’evoluzione dell’industria dei giochi di ruolo, fumetti o videogiochi rispetto all’inclusione e alla diversità? 
-Dei miglioramenti ci sono indubbiamente, ma non derivano da una reale presa di coscienza: in larga parte è dovuto al fatto che le industrie dell’intrattenimento si sono rese conto di poter monetizzare anche sulle categorie marginalizzate. Anche parlare di inclusione restituisce una realtà in cui vi è una categoria dominante che decide di includere quelle marginalizzate, e quindi allo stesso modo in una condizione di disparità.

Quindi auspichi che tra i vertici aziendali si vengano a trovare più rappresentate le categorie che ora sono marginalizzate? In questo modo non ci sarebbe più la categoria dominante che con atto magnanimo (e paternalistico) decide di rappresentare la minoranza, ma sarebbe la minoranza che parla di sé stessa. 
-Sì, assolutamente. Ma non solo nei vertici: anche nei reparti creativi, di scrittura, di concept, di marketing, tutto. Il fatto che non ce ne siano o che ne siano in numero così esiguo è significativo: se per esempio le donne sono la metà della popolazione mondiale, è ragionevole pensare che la metà deə direttorə delle aziende dell’intrattenimento dovrebbe essere donne. E invece non succede, per via dell’inaccessibilità a quei posti da parte delle categorie marginalizzate. Quando dietro una storia ci sono persone che sanno di cosa sta parlando si sente; anche per questo mi piace cercare, usufruire e supportare opere non scritte solo da uomini bianchi.

Negli ultimi lustri mi pare che la situazione sia leggermente migliorata. Secondo te è vero? Migliorerà ancora nel futuro? Cosa dobbiamo fare perché migliori ancora?
-Sì, sicuramente! Ma i margini per ulteriori miglioramenti sono enormi: è importante riconoscere spazio, potere e voce alle categorie marginalizzate e ascoltarne le istanze e i bisogni, e soprattutto lasciare che si rappresentino da solə. Dobbiamo creare spazi che cambino le regole del gioco per avere ambienti equi e rispettosi, e soprattutto saper ascoltare. Parte tutto da questo.

Domanda scomoda numero due: come si concilia la necessità di creare spazi sicuri con il bisogno di evitare ghettizzazione? 
Io sono una novellina in fatto di pratiche femministe, ma il mio pensiero è questo: le persone marginalizzate esistono ed esisteranno sempre nel mondo esterno, quello non sicuro; si interfacceranno sempre con fiere, community, colleghə, lettorə, giocatorə che le escluderanno, molesteranno, insulteranno. Lo spazio sicuro è dunque un luogo, fisico o virtuale che sia, con persone come te, che ti capiscono, con cui puoi essere te stessə in completa libertà. Semplicemente fornisce un’alternativa: quando, se non ce la fai a combattere quotidianamente per avere il rispetto per la tua esistenza, vieni qui, qui non c’è violenza né pressione, qui c’è comprensione e supporto. Per evitare il rischio di ghettizzazione dovremmo rendere sicuri anche gli spazi esterni.

Hai mai sperimentato discriminazione o pregiudizi nel mondo nerd? Puoi condividere un’esperienza in particolare? Ovviamente solo se te la senti.
-Assolutamente sì. Ho subito gatekeeping (“se non hai fatto/letto/giocato questo non sei davvero nerd”), molestie, grooming dal mio ex capo (mi aveva presa a lavorare per farmi diventare la sua ragazza). Un’esperienza che tengo tanto a raccontare è l’ambiente tossico e malsano che ho trovato nelle scuole di fumetto, in cui quando ho smesso di frequentare le “persone giuste” e adeguarmi sono stata tacciata di mancare di empatia, strappata dai miei meriti e in buona parte emarginata, dallə stessə professorə.

Cosa pensi del concetto di “rappresentatività” nel mondo nerd? Pensi che sia importante che ci siano personaggi di diverse identità e abilità rappresentati nei giochi di ruolo, fumetti e videogiochi?
-Assolutamente sì! Per due motivi fondamentali: il primo è che appunto qualunque persona può così rivedersi in un prodotto di fantasia, riconoscersi e validarsi nella propria realtà o vedersi davvero in ruoli diversi da quelli a cui è relegata. Il secondo è che è profondamente arricchente: nuove identità e abilità portano alle opere di intrattenimento nuove prospettive, nuove possibilità, nuovi concetti (nuovi ovviamente probabilmente per la nostra società occidentale, capitalista e patriarcale), tremendamente stimolanti e non prevedibili.

Spesso si parla di dittatura del politicamente corretto e cancel culture. Cosa ne pensi?
-Che sono termini utilizzati come spauracchio. Abbiamo tuttə paura di essere cancellatə, anche perché tuttə abbiamo commesso errori nella vita; il punto nodale sta nel comprendere gli errori, prendersene la responsabilità e agire meglio. Nessunə che sia in decostruzione (quel processo grazie al quale si rompono i meccanismi discriminatori che agiscono dentro di te e si smette di riprodurli su altre persone) pretende la perfezione morale, ma l’ascolto. E’ facile demonizzare questa richiesta; è facile trasformare i callout (la pratica per cui pubblicamente si fanno notare le problematicità espresse da una persona/creativə) in vittimizzazione. Nessunə che sia davvero in decostruzione vuole la cancellazione di nessunə, si vuole tutela, ascolto, rispetto; esiste chi ricerca la cancellazione riproducendo dinamiche violente, ma mi sento sicura nel dire che non si tratta in realtà di persone che vogliono la tutela di chi è marginalizzatə, ma che ricercano la sensazione di essere potenti, e non sono dunque alleate. Non c’è niente di più semplice per fomentare l’odio che trasformare il rispetto per categorie marginalizzate in “dittatura del politicamente corretto”; tanto più che nessunə dellə autorə e artistə potenti è statə mai davvero cancellatə.

Quali sono le iniziative o le organizzazioni che pensi stanno facendo un buon lavoro per promuovere l’integrazione e la diversità nel mondo nerd?
-Di quelle che conosco:

Dark Education, che interseca pedagogia e videogioco

Invisibil3, che organizza un festival sul gioco e videogioco con lente intersezionale

Gameromancer e Owofgames in ambito videogiochi

Pink*, un gioco da tavolo transfemminista contro le discriminazioni di genere

Queerographies, un archivio che raccoglie prodotti editoriali, quindi sia libri che fumetti, a tema queer

Moleste offre un supporto alle persone del mondofumetto vittime di abusi. 

Ma in generale ne conosco pochissime, e anche questo è significativo.

Di Owofgames ho giocato Non-Binary. Decisamente interessante! (e metto il link alla mia recensione per farmi pubblicità da solo (e anche a loro, che se lo meritano!)). 

Pensi che i giochi di ruolo, fumetti e videogiochi possano essere utilizzati per promuovere l’inclusione e la diversità in modo efficace? Come?
-La valenza delle storie è quella di offrirti un’immedesimazione immediata in vissuti, ambienti, punti di vista che possono essere tanto vicini quanto lontani dai tuoi. In questo modo puoi vivere centinaia di migliaia di vite diverse, sperimentandole sulla tua pelle in modo più o meno diretto a seconda del medium, e allargare le tue prospettive, i tuoi orizzonti, la tua comprensione del mondo e delle realtà e i vissuti altrui. E’ una magnifica occasione per allenare l’empatia e per questo è fondamentale avere una rappresentatività varia e accurata: in questo modo posso, per esempio, da persona bianca vedere il mondo attraverso una persona BIPOC, oppure da persona BIPOC trovare una storia che racconti davvero la mia realtà e mi faccia sentire che non sono sola e che sono vista e che la mia realtà è valida  e degna di essere raccontata. E’ importante, in questo senso, ascoltare e includere nei progetti di giochi e fumetti persone con background e realtà diverse per offrire una rappresentazione veritiera, e non sovrascrivere le loro voci appoggiandosi a stereotipi o false informazioni.

Lo dico, a costo di suonare banale: a conti fatti ascoltare più voci è spesso un vantaggio. 

Negli ultimi tempi ci sono state diverse polemichette sulle questioni di inclusione e diversità nel mondo nerd, alcune più rilevanti di altre. Secondo te, quale è stata la polemica più sterile e perché? 
-Credo quella su Roald Dahl: è stato montato un caso sulle modifiche del linguaggio in un’edizione anglofona delle sue opere, con l’accordo deə detentorə dei diritti di Dahl. Il fatto è che nell’affrontare questi argomenti si utilizza sempre la stessa prospettiva: io sono l’autorə, io non voglio essere cancellatə, io voglio dire quello che mi passa per la testa senza che nessunə venga a scocciarmi per questo. Come creativə dovremmo fare molto di più: dovremmo riflettere sul potere che abbiamo nel fare comunicazione, e come cercare di rispettare le culture e identità altrui. L’editoria svecchia e rimoderna costantemente le opere letterarie; si è sempre fatto, si pensi per esempio a “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie, che inizialmente si chiamava “Dieci piccoli n**ri”. Questi processi editoriali e dell’industria dell’intrattenimento potrebbero portare a riflessioni profonde e variegate sul ruolo di chi crea cultura, su come fare comunicazione, sulle valenze educative, sull’uso della lingua; e invece si appiattisce tutto a dittatura del politicamente corretto e cancel culture.

Si prende per imposizione dei “woke” o degli “sjw” quella che in realtà è solo una manovra commerciale per vendere di più. A questo si aggiunge il fatto che un articolo mal scritto con un titolo del tipo “vogliono cancellare la nostra cultura” sarà molto più visibile (e quindi remunerativo) di uno che spieghi in maniera pacata e ragionevole la questione. C’è un modo per disinnescare la situazione?
-Questa è la domanda del nostro secolo, a tutti gli effetti. Tramite il mondo digitale determinate consapevolezze e informazioni, nonché comunità e pratiche si stanno sempre più diffondendo in modo sia verticale (in tutti i diversi gruppi sociali) sia orizzontale (a livello globale). Le iniziative, le fiere, i dibattiti, le organizzazioni, lə attivistə si moltiplicano e si sperimentano pratiche nuove e più trasversali. Io la risposta a questa domanda non la ho, ma trovare la risposta a questa domanda è un compito che ci stiamo assumendo insieme, aprendoci al dialogo e all’ascolto. Penso sinceramente che ce la possiamo fare, un pezzettino alla volta; sarebbe bello raggiungere chi si trincera a difendere le proprie roccaforti di convinzioni su false premesse, ma dobbiamo imparare a comunicare, perché questa è in fondo la radice del problema. E soprattutto, dobbiamo schierarci: dobbiamo difendere chi viene attaccato ingiustamente, supportare chi è in difficoltà, fare davvero rete tra noi e praticare la gentilezza come resistenza politica.

Momento Marzullo: c’è una domanda importante (o anche non importante) che non ti ho fatto? Fattela tu e rispondi. (così faccio pure meno fatica)

In realtà credo di aver già detto tutto.

Allora ti ringrazio molto per il tempo dedicato a questa intervista. Risposte davvero interessanti.
In bocca al worg.

Questo era tutto. Avrei dovuto chiedere altro? Nel caso suggeritemi domande (tipo a che fumetti lavora? Ma quello non l’ho chiesto così andavate sulla sua pagina a vedere!).

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