Vai al contenuto

Intervista a La Gilda

Se siete bolognesi (di nascita o adozione, poco importa) conoscete il Cassero. Se avete la sfortuna di non essere bolognesi, vi dico che si tratta di un’associazione di promozione sociale che come scopo principale ha la tutela dei diritti delle persone LGBTI+. Fanno begli eventi, c’è un gran bel clima se ci si va una sera a bere, ed è pure una location suggestiva. Quest* simpatic* ragazz* hanno pure un solido gruppo ludico, noto con il nome di La Gilda. Io non ci ho mai avuto nulla a che fare fino a questa intervista, quindi stiamo scoprendo tutto quanto insieme.

Come sempre le mie domande saranno in grassetto, così io riuscirò a solleticare il mio ego e voi riuscirete a distinguere quando parlo io e quando parlano loro.
Risponde Alberto, responsabile del gruppo.

Conosciamoci meglio.
Di cosa si occupa di preciso la vostra pagina?

Ciao! La Gilda è il gruppo ludico del Cassero LGBTI+ center di Bologna e dal 2014 facciamo attivismo attraverso il gioco. Organizziamo incontri di gioco ogni due settimane tra le mura del Cassero (ora siamo in pausa estiva e riprendiamo a ottobre!), partecipiamo alle principali fiere di settore collaborando con case editrici, ma anche in autonomia; abbiamo creato un gioco nel 2018 che si chiama Lobbies e oggi abbiamo un nuovo gruppo di persone che all’interno della Gilda si occupa di game design. Insomma facciamo tantissime cose! Dalle nostre pagine cerchiamo di promuovere le nostre attività e i nostri valori, visto che ci siamo eccoti il linktree. Tutte le nostre attività hanno come obiettivo la sensibilizzazione della comunità ludica italiana rispetto alle istanze delle persone LGBTQIA+ e delle altre soggettività marginalizzate. Vogliamo che gli spazi di gioco siano il più sicuri possibile (safer) per tutte le persone. Crediamo fermamente che ci sia bisogno di una rivoluzione culturale in ambito ludico e stiamo provando a dare il nostro contributo al cambiamento! 

Confesso subito: io sono bolognese, conosco il cassero e varie volte sono andato a bere qualcosa lì la sera (gran bel posto, consiglio), ma non avevo mai sentito parlare della Gilda. Disonore su di me e disonore sulla mia mucca. 

Come vi siete interessatə e avvicinatə al cosiddetto mondo nerd?

Beh siamo nerd! Siamo in primis persone appassionate di gioco. Giochi da tavolo, giochi di ruolo e videogiochi fanno parte del nostro bagaglio culturale, sono il modo che preferiamo per socializzare, per conoscere altre persone, per esprimerci e scoprire noi stessə e lə altrə.

La Gilda è nata 10 anni fa, proprio dall’iniziativa di un gruppo di amicə nerd e queer, che già erano parte dell’attivismo casserino e hanno riconosciuto il bisogno di ritrovarsi a giocare in un ambiente privo di tossicità, machismo e discriminazioni di sorta. Creare un luogo di ritrovo per tutte quelle persone che in altri contesti ludici non si sentivano al sicuro o comunque avevano remore nell’esporsi a comportamenti giudicanti o escludenti. Insomma nel 2014 il modello di nerd uomo cisgender eterosessuale bianco (e anche un po’ incattivito) era abbastanza prevalente. C’è da dire che siamo state il primo gruppo apertamente LGBTQIA+ e nerd allo stesso tempo in Italia (oggi ce ne sono anche altri, per fortuna!).

Quale parte vi interessa maggiormente? Videogiochi, fumetti, GdR, GdT…

Oh no! Che domanda difficile! Diciamo che tradizionalmente La Gilda è partita dai GdR; dieci anni fa si giocavano campagne di Mondo di Tenebra, soprattutto Changeling, poi ovviamente Dungeons&Dragons, ma anche Urban Heroes e tantissimi altri giochi indie. Poi in breve tempo sono arrivati i giochi da tavolo, oggi abbiamo una collezione di più di 250 titoli che vengono messi liberamente a disposizione di tutte le persone. Le nostre volontarie (postilla: noi utilizziamo il femminile politico sovraesteso, ci appelliamo al femminile come scelta linguistica sovversiva rispetto al maschile sovraesteso dell’italiano standard) conoscono i regolamenti e sono sempre pronte a spiegarli. Abbiamo vere esperte di giochi da tavolo tra le nostre file e in tante fiere di settore abbiamo accumulato una vastissima esperienza di demo e dimostrazioni. Ah poi i videogiochi! Tantissime tra noi sono videogiocatrici, sia da PC che console, e da un paio d’anni abbiamo anche stabilizzato negli incontri domenicali di Gilda un’intera area allestita con televisore e videogiochi (di cui viene fatta una proposta tematica ogni volta). Insomma la risposta è: ci interessa tutto! Siamo in tante e abbiamo interessi variegati.

Mi ha incuriosito la questione del femminile sovraesteso, che non avevo mai sentito usare in maniera metodica. Cosa ne pensate invece di asterischi e schwa? 

La pratica del femminile politico è comune in molti ambienti transfemministi, ma è appunto una pratica politica che serve a rivendicare la visibilità di tutte le soggettività invisibilizzate dal maschile sovraesteso automatico della lingua italiana. Quando il genere di un nome di persona è sconosciuto o indifferente, oppure quando le persone in un gruppo hanno generi diversi, l’italiano standard adotta automaticamente il maschile. Questo è problema dal momento in cui le parole plasmano la realtà e non fa eccezione il mondo del gioco. Se tutte le persone che giocano sono “giocatori” si rinforza lo stereotipo per cui videogiochi, giochi da tavolo e di ruolo siano una cosa “da maschi”: se il maschile è sovraesteso la persona che gioca è un uomo cisgenere. Adottare nuove strategie nell’uso del linguaggio può essere un modo per esercitare un cambiamento profondo nelle comunità giocanti e combattere il maschilismo. Con tutte le nostre attività noi cerchiamo di promuovere un uso consapevole, ampio e visibilizzante della lingua, includendo le diverse possibilità: lo schwa e l’asterisco sono due valide opzioni ma per approfondire consigliamo la lettura del Manifesto Rosa del Gioco che si chiude proprio con un prontuario linguistico operativo.

Se  poteste scegliere un superpotere o un incantesimo di un GdR, quale scegliereste?

Ah, beh ti rispondo personalmente o a nome del gruppo? Se La Gilda dovesse scegliere un incantesimo di D&D sicuramente sarebbe Desiderio (beh sai, siamo incantatrici molto potenti) per smantellare definitivamente il patriarcato dalla società in cui viviamo! Ahaha ovviamente ci servirebbe unə master compiacente! 

Io come superpotere sceglierei invece il teletrasporto, semplice ma utilissimo!

Domanda “vuoi più bene a mamma o papà”: gioco da tavola, gioco di ruolo, videogioco, fumetto e romanzo fantasy preferito.

Allora, come gioco da tavola potrei risponderti Lobbies perché l’abbiamo creato noi! Ahahah ma sarebbe disonesto! Ti dico quindi Wingspan di Elizabeth Hargrave! Si tratta di un gioco elegante e profondo (pur non essendo particolarmente complesso), è facile da intavolare e soprattutto è uno dei giochi da tavolo mainstream di maggior successo che abbia per game designer una donna! Solo per questo va spinto tantissimo! Hargrave è anche impegnata su questo fronte e vi consiglio di andare a visitare il suo sito personale. Per quanto riguarda il gioco di ruolo non ho dubbi: Cuori di Mostro 2 di Avery Alder. Anche qui, un’autrice che amo alla follia, amica della Gilda, con una visione innovativa e dirompente sul piano della narrazione nei giochi di ruolo. Fantastica, queer, geniale! Di Cuori di Mostro mi piace tutto, dall’ambientazione un po’ teen drama horror (chi della mia generazione non ha amato Buffy?) fino alle meccaniche PbtA rivisitate per includere tutta la queerness e i turbamenti nella scoperta della propria identità sessuale durante l’adolescenza. Sublime! Videogioco? Ho gusti abbastanza semplici in questo senso, probabilmente Final Fantasy IX, per tutti i ricordi collegati all’impatto che quella storia e quei personaggi hanno avuto dentro di me. Come fumetti ho letto moltissimi albi classici della Marvel, ho gusti abbastanza variegati, però non posso che risponderti la saga di Nomen Omen anche perchè gli autori Jacopo Camagni e Marco B. Bucci sono due dei fondatori della Gilda! Infine, romanzo fantasy… come funziona qui? Il mondo si divide tra Tolkien e Martin, ma forse ti risponderei La saga di Terramare di Ursula K. Le Guin.

Classe ‘83 e ho visto tutto Buffy, comprensivo di spin-off. Colpevole.
La saga di Terramare è notevole. L’ho adorata (però io sono team Robin Hobb)

Rispetto a quando vi siete/sei avvicinatə al mondo nerd, come è cambiato lui e come siete cambiatə voi?

Il mondo ludico è cambiato notevolmente e, nel nostro piccolo, ci piace pensare di aver contribuito. A livello “macro” è innegabile che sia aumentata la rappresentazione di personaggi LGBTQIA+ nei media ludici e in generale il dibattito pubblico e l’attenzione alle nostre istanze è maggiore, c’è più visibilità. Il problema è che il tipo di rappresentazione che viene fornita è ancora troppo spesso stereotipata o strumentale e mossa da scelte di mercato che strizzano l’occhio a fenomeni come il pink o il rainbow washing. Insomma alcune case editrici e aziende sviluppatrici si sono accorte che anche le persone queer comprano i giochi, quindi pensano che basti mettere un personaggino gay e una personaggia lesbica da qualche parte per essere improvvisamente paladine dell’inclusività. Così non è! Tra l’altro da questo discorso rimangono fuori ancora troppo spesso le persone Trans*, le persone disabili, le persone razzializzate. Non possiamo pensare di essere ridotte a macchiette da strumentalizzare. Passando al fronte “micro”, intorno a noi abbiamo visto nascere altre realtà ludiche LGBTQIA+ e transfemministe, lentamente abbiamo assistito a un cambiamento nel modo in cui venivamo accolte negli spazi ufficiali del mondo del gioco, il nostro spazio nelle fiere di settore è andato sempre ad aumentare, divenendo in alcuni casi centrale. Ma precisiamo che non ci è stato regalato nulla, ci siamo prese spazi di visibilità e l’abbiamo fatto sapendo che esponendoci noi avremmo reso quegli spazi più sicuri per tutte. C’è ancora tantissimo lavoro da fare! Gli spazi online sono ancora una giungla di hate speech, ma anche quelli fisici, omolesbobitransfobia, misoginia, razzismo, abilismo sono presenti, striscianti e fortunatamente oggi dal vivo solo in pochi pessimi individui (e qui uso il maschile sovraesteso non a caso) si fanno avanti per manifestarle apertamente a noi. 

Noi come siamo cambiate? Siamo cresciute! Siamo cresciute sia in termini di numero di volontarie e attiviste, che in termini di comunità. Oggi il Rosa della Gilda è molto riconoscibile nell’ambiente ludico italiano. In 10 anni abbiamo sviluppato tantissime nuove attività e ancora tante ne abbiamo da realizzare.

Una curiosità su di voi che hai voglia di raccontare?

Sul nostro logo è presente la locandiera della Gilda, un personaggio nato per combattere gli stereotipi di genere e colpire con la propria espressione di genere e la sua fierezza, ma anche col calore e il senso di benvenuto che trasmette.

Sul suo mento, è presente una spirale che non rappresenta non solo una fossetta ma è anche il simbolo della nostra casa, il Cassero LGBTI+ center di Bologna.

Ok, iniziamo a entrare un po’ nel vivo.

Il livello di discriminazione nel mondo nerd è peggiore o migliore di quello esterno?

Il mondo nerd e il mondo ludico sono uno specchio di quello esterno e non li percepisco come ambienti separati. Le discriminazioni di natura omolesbobitransafobica, misogina, razzista, abilista e classista sono strutturali, sistemiche e hanno in comune una matrice di oppressione patriarcale e capitalista che pervade tutti gli ambiti della società, incluso purtroppo quello nerd. E se ancora combattiamo con un modello tossico di “nerdiness” essenzialmente maschilista (perché appiattita sullo schema identitario maggioritario del nerd uomo cisgender eterosessuale) è perché le resistenze al cambiamento sono tante. 

Quali sono le categorie che rispetto al mondo esterno se la passano meglio e quali peggio?

Meglio non se la passa proprio nessuna, ma all’interno dell’ambito delle soggettività marginalizzate, il livello di privilegio non è uniforme. Essere uomini gay, cisgender, bianchi, abili e ricchi è molto più facile che essere ad esmpio donne lesbiche, transgender, nere, disabili, povere e decidere di non adattarsi a una pretesa performance di genere. Insomma chi se la passa peggio è chi più difforme dal modello maggioritario, chi vive la propria queerness e non la nasconde (perché non vuole o perché non può). Per noi quindi, come gruppo di attivismo in ambienti ludici, l’attenzione massima è alle discriminazioni basate su genere, identità di genere, espressione di genere, razzializzazione e disabilità.

Come mai sulla vostra pagina avete iniziato ad occuparvi di integrazione?

Noi nasciamo all’interno del Cassero LGBTI+ center, il più grande comitato Arcigay in Italia, che a sua volta è la più grande associazione in Italia a occuparsi di lotta all’omolesbobitransafobia. Insomma per noi sarebbe impossibile non occuparci di “integrazione” perché ha ache fare con le nostre stesse esistenze, è un bisogno che sentiamo, quello di esporci come attiviste per migliorare il mondo, per renderlo più aperto e accogliente nei confronti di tutte le diversità.

Sì, la domanda l’ho fatta a tutt*. Nel vostro caso era abbastanza lapalissiano.

Quali sono le iniziative o i progetti che avete avviato o a cui avete partecipato per promuovere l’integrazione e la diversità nel cosiddetto mondo nerd?

Quest’anno in particolare abbiamo dato il meglio di noi: 

  • come dal primo giorno, continuano i nostri eventi domenicali, in cui vengono ribaditi ad ogni incontro, che gli spazi sicuri sono tali in primis grazie alle persone che li abitano. Utilizziamo un sistema di etichette in cui poter evidenziare il proprio nome ed i pronomi con cui rivolgersi, per facilitare la comunicazione ed evitare episodi di misgendering. Allo stesso modo, facciamo molta attenzione al linguaggio che le volontarie utilizzano, che sia sempre il più aperto e pronto all’ascolto dell’altrə.
  • al Modena Play abbiamo avuto una dislocazione di forze rosa mai visto prima, portando in fiera più di 70 persone che non solo condividono a pieno i nostri valori, ma si sono fatte attrici attive per diffonderli. Abbiamo anche stretto una collaborazione forte con chi ha organizzato l’evento, creando insieme sia delle etichette con nomi e pronomi, sia l’allestimento di un punto di decompressione dal caos della fiera, il Punto rosa. Quest’ultimo è stato utilizzato da moltissime persone, segno che è un servizio effettivamente utile e richiesto.
  • negli scorsi mesi ed in preparazione al Modena Play, abbiamo prodotto due importanti documenti: la Tastiera Rosa ed il Manifesto Rosa del Gioco. La prima è uno strumento di sicurezza pensato per il GDR in fiera, che raccoglie idee e meccaniche già esistenti e riadattate ad un ambiente caotico e complesso come quello fieristico. Il Manifesto invece, raccoglie tutte le pratiche politiche ed idee raccolte in 10 anni di attivismo e li cristallizza in consigli e suggerimenti per problematizzare il mondo del gioco ed inviare chi lo legge a ragionare sui temi a noi più cari.
  • l’essere presenti agli aventi col nostro rosa, è di per sé un fattore di forza e d’orgoglio, che rende da subito chiaro il fatto che in quell’ambiente non possono essere tollerati determinati comportamenti e che quello possa rappresentare uno spazio più sicuro.
  • facciamo attivamente divulgazione ludica, selezionando in modo oculato i giochi da portare nelle fiere, decidendo quali aggiungere al nostro palinsesto, avviando discussioni con le persone che giocano con noi.
  • siamo parte di una rete di attività simili alla nostra, che utilizzano il gioco come strumento di impatto sociale, costruendo eventi, attività e tenendoci aggiornate come possibile.

Com’è la reazione del pubblico quando si trattano temi del genere?

Tendenzialmente la nostra presenza è ben accolta in spazi ludici come fiere e altri eventi. Le maglie rosa sono sinonimo di buone spiegazioni dei regolamenti, serietà, accoglienza e gentilezza. Detto ciò, non tutte le persone reagiscono allo stesso modo quando esplicitiamo la finalità politica delle nostre attività. Nella gran parte dei casi le reazioni sono positive, riceviamo incoraggiamento e supporto; c’è però una porzione di persone che si dimostra indifferente se non (in pochissime persone) apertamente contraria alle nostre istanze. L’esempio più lampante riguarda l’uso delle etichette con nomi e pronomi nel contesto delle fiere: ci sono persone che ne riconoscono il valore e la indossano volentieri, altre che ascoltano la nostra spiegazione ma poi la compilano lasciandola sul tavolo senza indossarla, altre ancora che si dicono non interessate o si dimostrano insofferenti. C’è da dire che difficilmente si avvicinano ai nostri spazi persone solo con l’intenzione di polemizzare o per avanzare critiche al nostro sistema di valori. 

Sui social è tutta un’altra storia. Quando diffondiamo i contenuti, come il Manifesto Rosa del Gioco, in altre community siamo puntualmente bersaglio di troll, di commenti reazionari, omolesbonitransafobici, sessisti, abilisti e quanto altro di peggio possibile, veniamo accusate di promuovere la cancel culture o di occuparci di problemi inesistenti, di essere “troppo sensibili”. 

Secondo voi perché?

Rispetto ai social, c’è da dire che dietro lo schermo le persone si sono legittimate a esprimersi in modo anche violento senza inibizioni sociali. Questo è vero in tutti i contesti. Per quanto riguarda le reazioni di indifferenza o disinteresse dal vivo nelle fiere, riteniamo che si tratti di una questione da un lato di pregiudizio e presa di posizione aprioristica, dall’altro di privilegio e scarsa propensione a riconoscerlo e metterlo in discussione. Non è un caso che le persone più ostili nei confronti dei nostri temi siano uomini eterosessuali cisgender bianchi e senza disabilità. C’è bisogno di una diffusa educazione alle differenze anche in ambito ludico, ma pensiamo che le cose stiano già migliorando rispetto a un decennio fa.

Come avete visto l’evoluzione dell’industria dei giochi di ruolo, fumetti o videogiochi rispetto all’inclusione e alla diversità?

Come accennavo prima, ci sono una serie di operazioni “di facciata”, che possono essere assimilate a fenomeni di rainbow/pink washing da parte delle case produttrici di giochi. Non è sufficiente per noi inserire qui e là personaggi queer o non conformi, solo come elementi di contorno, quasi come fosse un maquillage. Non basta un po’ di arcobaleno per rendere un gioco realmente inclusivo. A noi piace pensare che l’industria dei giochi si stia muovendo verso posizioni più aperte, si parla sempre più spesso, ad esempio, dell’uso consapevole del linguaggio di genere, come anche dei criteri per fornire una corretta rappresentazione. Ci sono casi noti di case editrici che fanno ricorso a consulenti culturali o sensitivity reader/playtester prima di mandare in produzione un gioco. Certo, questo è un processo lento e per ogni esempio di buona pratica sono ancora individuali altrettanti esempi negativi.

Negli ultimi lustri mi pare che la situazione sia leggermente migliorata. Secondo voi è vero? Migliorerà ancora nel futuro? Cosa dobbiamo fare perché migliori ancora?

C’è stato un miglioramento, sì. Possiamo ritenerlo soddisfacente? No. C’è ancora moltissimo lavoro da fare per cambiare la cultura ludica in Italia, per rendere più maturo l’approccio al gioco come prodotto culturale, strumento di narrazione e impatto sociale. Noi pensiamo che la situazione continuerà a migliorare e continueremo ad impegnarci nel nostro piccolo per attuare questo cambiamento. Quello che vogliamo è che l’industria ludica dia più spazio a game designer donne, non binarie, non bianche e con disabilità; che siano sempre più i giochi basati sull’autorappresentazione e non su un rappresentazione intermediata. 

Questo tema è già emerso in altre interviste: non serve tanto la persona privilegiata che parla delle persone discriminate, ma bisognerebbe dare spazio a loro in prima persona.

Avete mai sperimentato discriminazione o pregiudizi nel mondo nerd? Potete condividere un’esperienza in particolare? Ovviamente solo se ve la sentite.

Come accennavamo prima, la maggior parte delle “aggressioni” nei nostri confronti sono arrivate da persone online; si è trattato di aggressioni verbali, talvolta fortemente strutturate e basate su una chiara matrice omolesbobitransafobica. Ma del resto la vita delle persone LGBTQIA+ è costellata di microaggressioni e discriminazioni sistemiche in qualsiasi ambito della vita. Quindi può succedere che una persona cisgender eterosessuale che si professa alleata o partecipa a un nostro evento usi poco dopo la parola froc* in modo dispregiativo per commentarci, oppure che durante una fiera un gruppo di ragazzi intoni cori derisori che ci prendano in giro per il rosa. Questi sono esempi di come “La Gilda” viene attaccata come gruppo, ma poi dovremmo parlare di tutti gli episodi problematici in cui si può incorrere come singole, primi fra tutti gli episodi di misgendering che colpiscono le persone trans*.

Cosa pensate del concetto di “rappresentatività” nel mondo nerd? Credete che sia importante che ci siano personaggi di diverse identità e abilità rappresentati nei giochi di ruolo, fumetti e videogiochi?

La domanda è un po’ retorica, certo che sì! Auspichiamo una sempre maggiore rappresentazione delle soggettività minoritarie all’interno dei prodotti ludici e di intrattenimento. Vogliamo che questa rappresentazione sia frutto del lavoro di persone che quelle soggettività le abitano nel mondo reale (tornando al concetto  di autorappresentazione). Dopo decenni (secoli?) di prodotti culturali dominati dall’eteronorma, pretendiamo che la diversità venga celebrata e resa visibile.

In realtà la domanda era nata per parlare di tokenismo, ma mi avete anticipato e ne avete parlato abbondantemente prima! Lol

Spesso si parla di dittatura del politicamente corretto e cancel culture. Cosa ne pensate?

È una questione che ci tocca da vicino perché si tratta di concetti che vengono sistematicamente utilizzati per attaccarci e delegittimarci. Quando una persona con la quale interloquiamo e che non è d’accordo con le nostre considerazioni non sa cosa rispondere, non sa argomentare la propria posizione o semplicemente vuole trollare, tira fuori frasi come “non si può più dire niente”, “voi volete la dittatura del politicamente corretto” e “questa è cancel culture vergognatevi!”. Che dire? La risposta sarebbe no, non ci riconosciamo in questi concetti e le soluzioni che proponiamo vanno in una direzione diversa. Ad esempio, crediamo che tematiche colonialiste e imperialiste abbiano ricevuto all’interno dei giochi da tavolo a tema storico una rappresentazione distorta e eccessivamente presente. Quello che proponiamo non è cancellare tutti i giochi che lo fanno oppure non proporre più giochi che lo facciano (anche se auspicheremmo uno sforzo per trovare ambientazioni più originali), pretendiamo però che se un tema storico viene scelto per un gioco esso venga contestualizzato, studiato, spiegato, che sia davvero legato alle meccaniche e non appiccicato sopra per pigrizia, che sia trattato con rispetto, pensando alle conseguenze che quell’evento storico ha avuto sulle persone coinvolte. Lo stesso vale per la guerra, ad esempio, per la violenza, si dovrebbe prestare più attenzione a non rappresentare eventi storici che hanno causato centinaia di migliaia di vittime come allegre competizioni all’ultimo carrarmatino.

La soluzione per noi non è nella cancellazione ma nella consapevolezza e nella contestualizzazione.

Rispetto alla dittatura del politicamente corretto, che dire? Per noi è di per sé un concetto ridicolo. Dovrebbe bastare il buonsenso e il rispetto reciproco a far capire alle persone che se qualcosa che dicono o fanno ferisce chiunque (e per qualsiasi ragione) allora andrebbe evitata. Ci sembra una regola base del vivere in comune ed è assurdo che dietro al “diritto di opinione” ci siano ancora persone che difendano la loro possibilità di offendere e usare violenza verbale.

Quali sono le iniziative o le organizzazioni che pensate stanno facendo un buon lavoro per promuovere l’integrazione e la diversità nel mondo nerd?

Abbiamo notato nell’ultimo anno una maggiore attenzione alle tematiche LGBTQIA+ connesse al gioco da parte di diverse associazioni ludiche e non (sia nella nostra città che in giro per l’Italia). Citiamo in primis una mappatura svolta da Arcigay che elenca tutti i comitati territoriali dell’associazione che abbiano attivi al proprio interno gruppi ludici. Poi nelle fiere ed eventi ludici ci sono stati diversi momenti di approfondimento, tra panel e tavolo rotone (PLAY è stata estremamente accogliente con noi), ma anche piccole convention autonome (citiamo ad esempio Invisibil3, svoltasi a Firenze nell’aprile del 2023). Poi nel mondo indie c’è tutto un sottobosco di autorə, game desinger, developer, con incredibili energie creative che speriamo trovino sempre più spazio per emergere. Tra le realtà più grandi e consolidate con cui collaboriamo non possiamo che sottolineare il sodalizio con MS Edizioni con cui condividiamo un’ampia gamma di valori e di approccio al gioco.

Credete che i giochi di ruolo, fumetti e videogiochi possano essere utilizzati per promuovere l’inclusione e la diversità in modo efficace? Come?

Sì, ne siamo fortemente convinte e su questa convinzione basiamo tutte le nostre attività. Il gioco è un media che permette di raccontare storie e veicolare messaggi complessi, che ci consente di mettere in campo meccanismi di immedesimazione e di interazione sociale, di esplorare la nostra identità, sperimentare ciò che è altro da noi, metterci in discussione, affrontare sfide, ecc. Ma per saperne di più vi invitiamo a leggere il Manifesto Rosa del Gioco! 

Qui il link: https://drive.google.com/file/d/1WDpaIrytmSqfw644O3Jfqd4nL_qPZ8vP/view

Negli ultimi tempi ci sono state diverse polemichette sulle questioni di inclusione e diversità nel mondo nerd, alcune più rilevanti di altre. Secondo voi, quale è stata la polemica più sterile e perché?

Cerchiamo di tenerci lontane dalle “polemichette” proprio perché sono tendenzialmente il modo in cui (soprattutto attraverso i social) le nostre battaglie vengono banalizzate e sminuite in una contrapposizione che facilmente diventa manichea e basata su preconcetti. La polemica fine a sé stessa non ci interessa. 

Va bene, grazie mille per il tempo concessomi e buon gioco.
Vi saluto mostrando una foto pescata su Google per mostrare cosa sia il Cassero a chi non lo conosce!

Il cassero, lo consiglio anche solo come locale, specialmente d’estate

Se volete vedere altre interviste, sappiate che qua ce n’è varie!

Se invece volete leggere di GdR, qui ho delle recensioni.

Iscriviti alla newsletter

Se ti va puoi iscriverti così da non perderti le novità e restare in contatto.

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.

2 commenti su “Intervista a La Gilda”

  1. Apprezzo un sacco il lavoro che fa la Gilda, l’avevo conosciuta attraverso il kickstarter di Prism (gran bel gioco). Ho solo una domanda: non trovo la mappatura dei gruppi ludici di Arcigay, hai idea di dove possa essere?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *